da "Dentro le Gabbie"
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PERCHE’ PARLARE DI LIBERAZIONE ANIMALE?
Lottare per la liberazione degli animali non significa amarli più degli uomini né mettere i loro bisogni prima dei nostri. Significa semplicemente allargare a tutti gli esseri viventi un concetto troppo spesso sconosciuto alla stessa razza umana.
Abbattere lo specismo
Movimenti per la libertà degli esseri umani, con obiettivi e risultati spesso differenti, sono sempre esistiti; ma il ruolo di schiavitù e sfruttamento in cui si sono trovate altre specie animali non è stato toccato con impegno che in tempi recenti. Questo nonostante solitarie, ma spesso autorevoli e poetiche, voci si siano sempre alzate fin dall’antichità in difesa di quei splendidi compagni di viaggio che sono gli animali. Compagni dai diritti negati da una umanità troppo impegnata nei suoi sogni di conquista materiale per potersi fermare di fronte alle sofferenze dei suoi simili, figuriamoci di fronte a quelli di “esseri inferiori”.
L’idea di assoluta superiorità umana e le conseguenti discriminazioni delle altre specie animali su questa base vengono definite specismo. Così come l’idea di superiorità di una razza hanno portato al razzismo e alle sue conseguenze, così la proclamata superiorità dell’uomo ha sempre giustificato qualunque gesto nei confronti degli animali non umani, considerati addirittura essere viventi ma sua proprietà. L’eliminazione dell’idea specista è il primo fondamentale passo verso la libertà animale, nonostante ancora molte associazioni animaliste o ecologiste non se ne siano avvedute e continuano, forse involontariamente, a promulgarla.
La superiorità umana viene sempre difesa sulla base di una valutazione intellettiva e di capacità tecniche. Una difesa facilmente criticabile, perché se i parametri per il valore degli esseri viventi dovessero essere questi allora anche chi fosse nato con problemi fisici/mentali, fosse rimasto menomato da una malattia o da un incidente sarebbe ugualmente inferiore, discriminabile e sfruttabile a proprio piacimento. Per lo stesso ragionamento un adulto varrebbe più di un bambino, e perfino una scimmia adulta avrebbe più capacità intellettive di un infante umano. E’ un discorso assurdo; se l’idea di superiorità di una razza ha potuto portare alla follia nazista, oggi la diffusa idea specista sta facendo proliferare lager in cui altri animali vengono allevati, sfruttati, torturati e uccisi nei modi più barbari e disumani.
Quello che bisogna prendere in considerazione è il valore in sé della vita, di qualunque forma di vita reperibile in natura, di fronte al quale non è possibile fare distinzioni e graduatorie. Una volta presa in considerazione questa visione non c’è bisogno di sapere di come gli animali abbiano avuto una loro forma di intelligenza, spesso riduttivamente definita istinto, o di come sappiano comunicare tra loro, o ancora del rapporto intenso tra madre e figli in alcune specie, per capire che ciò a cui sono sottoposti è ingiusto.
…e la concezione utilitarista
Una seconda idea che permea la nostra società e che fa da base teorica per qualunque tipo di sfruttamento è la concezione utilitarista. Un’idea secondo la quale l’uomo è “signore e padrone della natura”, come lo definì Cartesio, e quest’ultima solo una fonte di risorse da sfruttare il più possibile per espandere il dominio umano. Secondo tale concezione le montagne vengono sventrate per estrarre piante e minerali, le foreste abbattute per carta e legname, interi ecosistemi devastati per l’estrazione e il trasporto dei combustibili necessari alla folle corsa in cui siamo impegnati, splendide vallate inondate per creare bacini artificiali o rovinate dal passaggio di treni superveloci con cui svolgere con maggiore celerità gli affari di chi comanda. E seguendo la stessa concezione gli animali sono trattati come oggetti e allevati in condizioni orribili per divertircisi, sezionarli, mangiarli e farne vestiti.
Paradossalmente quello che dovrebbe più inorridire di fronte ad una tale distruzione sistematica della vita, e cioè che essa sia compiuta per un bieco profitto economico, diventa un alibi, una scusa con cui ci si difende dagli attacchi di ecologisti e animalisti. Quest’aberrazione ci viene infatti venduta come progresso, una parola magica carica di retorica, un concetto astratto al quale è sacrilego opporsi. Coloro che vogliono a tutti i costi difendere il diritto di lavorare in pace, nonostante il loro lavoro sia macchiarsi di sangue e sofferenza, non riescono a capire che ci sono valori più importanti da difendere per cui è necessario apportare dovute modifiche alla società. Come i mercanti di schiavi nel secolo scorso ribattevano il diritto di fare il loro “onesto lavoro” così adesso fanno i mercanti di animali.
Libertà non solo diritti
Spesso le associazioni animaliste basano le loro campagne esclusivamente sul pietismo e la compassione, mettendo in critica solo i metodi più aberranti che causano sofferenza agli animali.
Queste chiedono alla società che ha esteso il suo potere su tutti il vivente di elargire alcuni diritti, senza mettere assolutamente in dubbio le fondamenta su cui si basa essa stessa. Il movimento di liberazione animale invece non si batte affinché gli animali abbiano gabbie un poco più ampie, ma nessuna gabbia, nessun prezzo e nessun padrone che ne disponga a piacimento. Vogliamo per gli animali ciò che vorremmo per noi stessi: libertà di vivere secondo la propria inclinazione e il proprio desiderio.
Chiedere questo in una società basata sullo sfruttamento non solo degli animali, ma anche degli uomini e della natura, significa voler ribaltare completamente questa società, togliersi il prosciutto dagli occhi e lottare per i propri desideri, senza essere pedine di qualcun altro.
E’ l’ora di smetterla con la separazione delle lotte in compartimenti stagni. La libertà o è di tutti o è di nessuno e finché gli animali saranno imprigionati ci saranno gabbie anche per gli uomini.